Il Palazzo

L’inizio della costruzione è datato “1735” come si legge chiaramente sull’architrave di uno degli ingressi principali al Monastero claustrale, quello del “parlatoio”. Tale data venne scolpita dagli scalpellini, probabilmente mentre si andavano completando le fondazioni del complesso.

Le cronache dell’epoca riferiscono che, nel 1733, il vecchio Monastero dell’Annunziata, ubicato a fianco della Cattedrale a ridosso del Sasso Barisano, era crollato a causa di ampliamenti avventati e irragionevoli. Resta il fatto che, ancora oggi, pur senza alcuna traccia del monastero, il toponimo di recinto “Annunziata vecchia” rimane ad indicarne il luogo.

Nel 1733, venne presa la decisione di costruire un nuovo monastero di fronte alla Chiesa Madre, sul “Piano”. Incaricato del progetto fu l’ingegnere Vito Valentino di Bitondo e già nel 1734 il progetto era pronto, con il visto della Commissione pontificia di Roma. Lo si evince dalla Convenzione fra le monache domenicane e lo stesso Valentino, il quale, data l’urgenza, si impegnò a realizzare l’opera in cinque anni, pena la decadenza dell’incarico.

Nel 1735, i lavori procedevano a pieno ritmo. Ben presto, però, iniziarono ad emergere le prime difficoltà e i primi imprevisti. Il piano di sedime, su cui poggiare le fondazioni, risultò molto profondo e, come ci tramanda il canonico Nelli, raggiunse la quota di “60 palmi”, pari a 15 metri, soprattutto nella parte posteriore del complesso. Nella parte anteriore, invece, si ritenne opportuno poggiare il muro della facciata direttamente sulla “torre cinquecentesca” delle forti fortificazioni che il Conte Tramontano aveva cominciato a realizzare, senza mai più completarle.

Negli anni seguenti, si venne a creare un forte attrito tra l’amministrazione delle monache domenicane e l’architetto Valentino, tanto da determinare la sospensione dei lavori nell’anno 1739 e l’allontanamento del Valentino. In realtà le cronache non dicono nulla sulle cause dell’allontanamento. L’ipotesi potrebbe ritrovarsi nel ritardo dei lavori o l’acquisizione di altri progetti da parte del Valentino, il quale si sarebbe dunque ritrovato a contravvenire agli accordi convenzionati, che gli vietavano espressamente di assumere altri impegni.

Nel 1742, subentrò allora, come nuovo architetto, Mauro Manieri, chiamato direttamente da Lecce, insieme ai fratelli Simone, capimastri leccesi che assunsero a loro volta l’impegno di completare l’opera. Il nuovo architetto, Mauro Manieri, modificò leggermente la distribuzione interna, con ampliamenti nella parte retrostante e, cosa gravissima, demolì la costruenda chiesa, creando al suo posto un cortile interno e proponendo una nuova Chiesa da realizzarsi completamente all’esterno del monastero, di cui si impegnò a fornire un modellino in legno. Detta Chiesa non sarà mai realizzata, né si conoscono a tutt’oggi i disegni di come avrebbe potuto essere.

Prima che la fabbrica fosse finita, il cronista dell’epoca, il canonico Nelli, ci fornì una bella immagine:

le monache in processione, dietro dispensa del Vescovo, vanno a prendere visione dello stato dei lavori e pranzano in cantiere, per poi tornare nei vari monasteri di altre congreghe, dove si erano provvisoriamente sistemate dopo il crollo del vecchio Monastero.

Solo dopo il 1747 avrebbero preso possesso del nuovo Monastero, con la fabbrica non ancora ultimata nelle parti terminali del secondo piano e senza che fosse stata realizzata la Chiesa, forse per difficoltà economica o per la difficoltà di collocazione esterna.

Dopo circa cento anni le monache decisero finalmente di realizzare la Chiesa per dare completezza a cotanto complesso monastico. Venne incaricato l’ingegnere Gaetano Di Giorgio, che nel 1844, realizzò la Chiesa dell’Annunziata nel cortile centrale, riproponendo, di fatto il vecchio schema progettuale del Valentino. La pianta era a tre navate, con colonne doriche in stile neoclassico, allora dominante.

La costruzione della Chiesa coincise con la crisi del Monastero, tanto che, pur consacrata nel 1844, essa non riuscì ad essere aperta al culto. Nel 1861, subirono la soppressione e l’esproprio da parte dello Stato unitario italiano e con Regio Decreto tali beni passarono al demanio comunale.

In questo periodo l’ex convento dell’Annunziata divenne per la maggior parte sede degli uffici giudiziari, ma anche di scuole, istituzioni varie, circoli: tutte funzioni che portarono alla frantumazione dell’unità organica del complesso.

Nel 1881 lo spazio sacro centrale, ormai ex chiesa, verrà dato in concessione alla Società Garibaldi di mutuo soccorso che lo utilizzerà anche per manifestazioni teatrali. Lo stesso spazio subirà ulteriori trasformazioni negli anni subito dopo la prima Guerra Mondiale con destinazione ad uso cinematografico, oltre che teatrale.

Il terremoto del 23 novembre del 1980 segnò una svolta nella storia dell’ex Monastero che a seguito del trasferimento degli Uffici giudiziari e della Scuola Media toccò il punto di maggior degrado dell’edificio.

Purtroppo, tutte queste trasformazioni cancellarono gli elementi originari dell’ex Chiesa, ed è solo grazie agli ultimi interventi di ammodernamento degli anni ’70 e ’90 che si è tentato di far rileggere la struttura originaria, grazie all’impegno dell’architetto Renato Lamacchia (Architetti Associati Matera). Ed è così che il Palazzo dell’Annunziata diventa quello che oggi conosciamo come Biblioteca Provinciale, che verrà inaugurata nel 1998, dall’allora Presidente Romano Prodi.